I politici imparino da Papa Francesco

Da quando è diventato Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio ci ha spesso sorpresi con la sua spontaneità, a partire da quel “Fratelli e sorelle, buonasera!” con cui cominciò il suo primo discorso pubblico da Pontefice la sera del 13 marzo 2013. Ora, nella sua prima intervista, pubblicata da La civiltà Cattolica, il quindicinale della Compagnia di Gesù, conferma un’altra dote che già avevamo colto nei precedenti interventi: la capacità di trattare temi importanti usando sempre parole chiare, semplici, comprensibili, con una trasparenza adamantina nell’esporre il proprio pensiero anche quando affronta argomenti scottanti.

A costo di ripeterci, ci piace sottolineare come questo linguaggio non sia soltanto una questione di forma, di abilità espressiva, ma nasca innanzi tutto dalla schiettezza e dal sincero intento di spiegarsi in modo inequivocabile.

I nostri politici invece arrancano nel tentativo di dimostrare che il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda della convenienza del momento; smentiscono oggi quello che hanno detto ieri, si arrampicano sugli specchi per trovare alibi alle promesse elettorali non mantenute, per difendere comportamenti indifendibili; dedicano più tempo a colpevolizzare gli avversari che ad esaminare le proprie mancanze; non potendo offrire ai cittadini l’arrosto, li intontiscono con il fumo.

Dovrebbero prendere esempio da Papa Francesco, ma anche noi – al momento del voto – dovremmo essere più rigorosi e scegliere chi parla chiaro, chi va diretto ai problemi veri, chi mantiene le promesse.

 

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