Rachid: dagli accendini alla laurea

I giornali hanno giustamente dato spazio alla storia di Rachid Khadiri Abdelmoula, 26 anni, originario di Kourigba, Marocco. Arrivato a Torino ancora ragazzino, ha venduto accendini e fazzoletti per rimediare una ventina di euro al giorno, contribuire  al sostentamento della famiglia e pagarsi gli studi. Ora si è laureato in Ingegneria Civile. Una storia a lieto fine, che premia la sua costanza e serve da esempio a tanti nostri giovani che non dimostrano altrettanto impegno.

Ma non possiamo trascurare una triste considerazione: in Italia c’è un futuro sicuro per Rachid e per tanti altri ragazzi che si sono consumati gli occhi sui libri di testo e hanno terminato gli studi, magari anche con votazioni lusinghiere?

Purtroppo no. Il nostro Paese è pieno di giovani laureati che non riescono a intraprendere la professione per cui hanno studiato anni e devono accontentarsi di lavori modesti, mal pagati, che spesso non sono solo una parentesi temporanea. Chi non si accontenta, o chi non trova neppure un’occupazione di ripiego, può sempre cercare miglior fortuna altrove.

Non è giusto. E’ necessario che la scuola sia dura e selettiva, in modo da formare diplomati e laureati preparati, ma è altrettanto necessario che lo Stato garantisca a chi ha sacrificato gli anni dell’adolescenza e della giovinezza un futuro decoroso e non lo costringa a mendicare un lavoro in patria o addirittura all’estero.

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