Dal 18 gennaio 2014 sulla facciata di Palazzo Wedekint, sede del quotidiano Il Tempo, accanto a Palazzo Chigi, campeggia l’enorme striscione che riporta la scritta, quasi coperta dallo smog romano, “Riportiamo a casa i marò”. Questo sito si è già occupato della vicenda, cominciata il 15 febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala: i due fanti di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in servizio anti pirateria sulla petroliera Enrica Lexie, sparano su un’imbarcazione sospetta uccidendo due pescatori indiani. Il 19 i militari vengono fermati e trattenuti a Kochi, quindi il 19 marzo l’Alta Corte del Kerala stabilisce che il loro è stato un atto di terrorismo: da questo momento Latorre e Girone rischiano addirittura una condanna a morte. In questi tre anni e mezzo è accaduto di tutto: a dicembre 2012 i marò ottengono il permesso di trascorrere il Natale in Italia e ripartono per Kochi il 3 gennaio, poi a febbraio 2013 hanno ancora la possibilità di rientrare a casa per votare e questa volta il governo annuncia che non torneranno in India, salvo poi smentirsi e rispedirli all’ambasciata italiana di New Delhi. In tutto questo tempo tutti noi abbiamo capito poco o niente dell’accaduto: chi li esalta come eroi della patria, chi invece, come il segretario della sezione riminese di Rifondazione Comunista, scrive:”Ma non è ora che impicchino i due marò?”. L’unico fatto chiaro è che da quel 15 febbraio 2012 si sono avvicendati tre premier e quattro ministri degli Esteri, e tutti hanno dichiarato di avere tra le priorità di governo il ritorno a casa dei marò, i quali in realtà vengono utilizzati come strumento per ridare un po’ di smalto alla popolarità in discesa dell’esecutivo di turno: quando i sondaggi rivelano un calo di consensi, si sfodera una notizia sulla possibilità di rimpatrio di Latorre e Girone, così come si annuncia il calo delle tasse, la scomparsa dell’Imu o l’imminente pellegrinaggio a Roma della Merkel per chiedere consigli a Renzi sulla riorganizzazione dell’Unione Europea. Il prossimo episodio di questa telenovela si svolgerà ad Amburgo il 10 agosto, davanti al Tribunale Internazionale del diritto del mare: speriamo che i nostri rappresentanti in quella sede facciano valere le proprie ragioni, ma soprattutto vorremmo che i nostri governanti la smettessero di prenderci in giro gestendo questa triste vicenda come una farsa da fotoromanzo o uno spot elettorale.